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Sulla pelle dei soldati : razioni di guerra, approvvigionamenti alimentari e speculazioni industriali (1914-1922)

2020 - Franco Angeli

9-46 p.

Nello scenario della guerra totale 1914-1918 la questione degli approvvigionamenti alimentari divenne un fattore essenziale. Il saggio prende in considerazione le politiche attuate dal governo italiano in un settore fondamentale, quello del consumo di carne. La strategia seguita fu in primo luogo quella di scoraggiare i consumi civili, che tuttavia, già piuttosto bassi, non poterono essere contratti in misura sufficiente. Le preoccupazioni sul progressivo depauperamento del patrimonio zootecnico nazionale per effetto delle massicce requisizioni militari indussero i vertici delle forze armate, dietro consiglio degli igienisti militari, a ridurre a fine 1916 anche la razione delle truppe mobilitate. Un provvedimento che, nei mesi successivi a Caporetto, suscitò accese polemiche nella classe medica, in quanto il peggioramento dell'alimentazione dei soldati fu individuata da alcuni come una delle concause del cedimento dell'autunno 1917.

Una delle possibili soluzioni, l'incremento dell'importazione di carni congelate, era resa difficile da ostacoli di ordine tecnico come la pochezza della flotta frigorifera, la mancanza di grandi impianti frigoriferi e le deficienze nella rete di distribuzione che, dai porti tirrenici, doveva far arrivare il prodotto al fronte. Pur con gravi ritardi e sprechi, la guerra portò a una notevole espansione dell'industria del freddo italiana. Fra le novità del conflitto ci fu anche un fortissimo incremento nel consumo dei prodotti in conserva da parte dell'esercito. Il settore, gestito inizialmente da stabilimenti statali, vide nel corso della seconda parte del conflitto l'ingresso di un buon numero di industrie private. Queste tuttavia, secondo le indagini condotte nel dopoguerra dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle spese di guerra, si resero protagoniste di vere e proprie truffe nei confronti dell'amministrazione militare, rimaste in gran parte impunite. [Testo dell'editore].

In the context of the Total War of 1914-1918, the question of food supplies acquired center stage. This article examines the policies implemented by the Italian government in a fundamental sector, that of meat consumption. It argues that the government followed a strategy aimed at discouraging civil consumption, which, however, was already quite low and could not be further reduced. At the end of 1916, concerns about the depletion of the country's livestock, due to massive military requisitions, led the heads of the armed forces - following the advice of military hygienists, to reduce mobilized troops' rations. In the months following Caporetto, this decision became controversial among doctors, who interpreted the worsening of soldiers' nutrition as one of the causes of the defeat of autumn 1917.

The increase in the import of frozen meat, which would have partly solved the problem, was impossible due to technical issues, such as the scarce number of refrigeration ships, the lack of large refrigeration systems and deficiencies in the distribution network, which had to transport products from the ports on the Tyrrhenian sea to the front. Despite serious delays and waste, the war led to a notable expansion of the Italian freezing industry. The conflict also brought to an increase in the consumption of canned goods. During the second part of the war, this sector, which was initially managed by public industries, became characterized by a growing number of private firms. However, according to the Commissione parlamentare d'inchiesta sulle spese di guerra, these carried out a series of frauds against the military administration, which went largely unpunished. [Publisher's text].

Fa parte di

Italia contemporanea : 293, 2, 2020