La cura servile, la cura che serve
206 p.
Includes bibliographical references.
La Cura dà forma alla condizione umana, la contraddistingue, la riempie di significato. Eppure, la sua riduzione ad attività servile e 'privata', fin dall'origine delle società occidentali, ha orientato una precisa costruzione del soggetto di diritti come autonomo e indipendente, e di un 'femminile' escluso dall'ambito pubblico e politico. Da queste premesse teoriche muove l'indagine sociologica e giuridica del lavoro familiare salariato delle donne migranti in Italia, e l'analisi del suo corollario di sfruttamento e diritti violati, ma anche di pratiche di resistenza e soggettivazione.
Le testimonianze dirette raccolte in queste pagine raccontano un fenomeno sistemico, basato sull'intreccio di politiche di welfare, politiche migratorie e politiche del lavoro, con relazioni di genere complesse e discriminazioni multiple. I vuoti di cura lasciati nelle società d'origine dalle madri emigrate, le loro condizioni di vita nel paese d'arrivo, ma anche l'apparente assenza di alternative al mercato della cura migrante, interrogano la possibilità di distinguere nettamente tra scelta e coercizione rispetto a tutti i soggetti che ne sono coinvolti, sgomberando il campo da stereotipi e vittimizzazioni.
Attraverso un confronto critico del pensiero liberale con l'etica della cura e con una certa parte della letteratura femminista, l'osservazione della cura servile, e delle sue evoluzioni storiche e contemporanee, porta a sviluppare l'ipotesi di un rinnovamento, possibile e urgente, delle categorie dei diritti umani e della giustizia, a partire dal riconoscimento della Cura come questione politica fondamentale [Testo dell'editore].
A. Sciurba teaches at the University of Palermo.
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