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Seconda persona : enunciazione e psicoanalisi

2020 - Quodlibet

233 p. : ill.

Includes bibliographical references (p. 211-230) and index.

Esitare, incespicare sulle proprie parole, riprenderle e ricominciare. Dire una parola per un'altra, interrompersi e tacere, oppure correggersi, riavviare il discorso e bloccarsi all'intoppo successivo. Parlare è faticoso: è colmare lacune che affiorano nell'esercizio quotidiano del gesto verbale. Eppure si parla, anche fluentemente. E parlare è sentirsi parlare: magari «si può non farci attenzione, ma è certo che si ode il suono delle proprie parole». Così affermava Lacan, e con Lacan tutti gli autori che si sono misurati con quest'aspetto dell'attività di linguaggio.

Diversi per tradizione e sensibilità, studiosi di enunciazione, psicoanalisti e scienziati cognitivi hanno identificato la presenza di una «funzione muta del linguaggio» nella figura stessa del parlante. Da taluni chiamata «auto-ricezione», da altri «auto-ascolto» o «intesa silenziosa», questa funzione è sincronicamente operante nel gesto verbale, è il rimedio provvisorio che il parlare procaccia alle proprie lacune: se vi è un margine di ripresa in ciò che fa buco nel discorso, lo si deve alla funzione muta del linguaggio. [Testo dell'editore]