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Il medico psichiatra : chi era costui? : riflessioni sulla crepa dello specchio

2022 - Franco Angeli

113-133 p.

Le forme del conoscere, dell'essere e dell'agire psichiatrico sono state tutt'altro che stabilite una volta per tutte. Gli attuali strumenti accademici di formazione si sono appiattiti da tempo su di una linea semplicistica e riduzionistica. Nel Secondo Novecento una serie di condizioni aveva conferito alla figura dello psichiatra una centralità mai avuta prima nella storia: la chiusura/ridimensionamento dei manicomi, l'introduzione e la diffusione degli psicofarmaci, l'avvento del concetto di "salute mentale" territoriale. Il suddetto riduzionismo, però, ha scelleratamente decomplessizzato la figura dello psichiatra, il cui problema identitario è, così, divenuto ancor più pressante, fino ad implodere, come l'immagine alla rottura di uno specchio. La psichiatria, infatti, a differenza di altre branche mediche, mette in gioco un fattore antropologico, quello della "follia" e delle sue modalità di manifestazione e di costituzione.

Se questo fattore, storicamente, era considerato decisivo nello strutturarsi e nel rivelarsi della cosiddetta "malattia mentale", in epoca più recente la bonifica della psichiatria dalle paludi della follia ha prodotto, a nostro avviso, e in maniera speculare, una rottura nella costituzione identitaria dello psichiatra. Chi è lo psichiatra se non è più in grado di tenere acceso il dialogo tra la società e la follia? La questione della follia mette in moto, come legna che alimenta il fuoco dell'umano, la ricerca del senso e della cura. Lo sradicamento della follia dal territorio dell'umano ha prodotto una classe di psichiatri in cerca d'autore, partecipi di una quotidiana messinscena clinica, senza alcuna pretesa di comprensione, di cura e di libertà. Le sole, queste ultime, a poter consentire uno specchiarsi non deforme attraverso il prisma umano dello psichiatra della "follia" e della "norma", in quanto entrambe espressioni della vita. [Testo dell'editore].

The forms of psychiatric knowledge and practice are far from being established once and for all. The current academic instruments of education have long flattened on a simplistic and reductionist line. In the second half of the Twentieth Century, a series of conditions had given the figure of the psychiatrist a centrality never had before in history: the closure/reorganization of asylums, the introduction and spread of psychopharmaceuticals, the advent of the concept of "community mental health". The aforementioned reductionism, however, has recklessly decomplexised the figure of the psychiatrist, whose identity problem has, in this way, become even more pressing, to the point of imploding, like the image at the breaking of a mirror. Psychiatry, in fact, unlike other medical branches, puts into play an anthropological factor, that of "madness" and its modalities of constitution and manifestation in the world.

If this factor, historically, was considered decisive in the structuring and revealing of the socalled "mental illness", in more recent times the drainage of psychiatry from the swamps of madness has produced, in our opinion, a crack in the psychiatrist's identity. Who is the psychiatrist if he is no longer able to keep the dialogue between society and madness alive? The question of madness sets in motion, like wood that feeds the fire of the human, the search for meaning and care. The eradication of madness from the territory of the human has produced a class of psychiatrists "in search of author" [1], participants of a daily clinical staging, without any claim to understanding, care and freedom. The anthropological factor, indeed, is the only one that can allow a not deformed mirror through the human prism of the psychiatrist of "madness" and "norm", as both expressions of life. [Publisher's text].

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Rivista sperimentale di freniatria : la rivista dei servizi di salute mentale : CXLVI, 1, 2022